La vostra voce: "Il cavaliere nero" di Riccardo Pietrani

Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.

Oggi vi parleremo di "Il cavaliere nero" di Riccardo Pietrani.





Titolo: Il Cavaliere Nero
Autore: Riccardo Pietrani
Pubblicazione: Self publishing
Genere: Thriller Tecnologico-Fantascienza
Link d'acquisto: ebook; cartaceo;






14 giugno 2021
Una tempesta solare di forte intensità mette fuori uso quasi tutti i satelliti in orbita. Subito dopo, si diffondono segnalazioni di oggetti non identificati in cielo da varie parti del mondo.

16 giugno 2021
Il 10% circa della popolazione del pianeta viene colpita da una febbre altissima. La febbre dura poche ore e non lascia strascichi. La sua origine è ignota.

18 giugno 2021
Un secondo e imprevisto flare solare colpisce la Terra con una violenza devastante, distruggendo tutte le apparecchiature elettroniche. E' l'inizio della fine.





Ecco 𝟱 buoni 𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿e il romanzo: 

1- L'ho scritto io;
2- Tutti quelli che ho pagato per scrivere una recensione dicono che è bellissimo;
3- Se non lo leggete mi arrabbio;
4- Se non lo leggete piango;
5- Leggendolo al contrario troverete la formula per l'eterna giovinezza, la cura per il Covid e il segreto per non spaccarsi i timpani buttando le bottiglie nel bidone del vetro.







1

«Ehi, mi sembra che questa scala cigoli un po’ troppo, stai attento e reggimela» gli ho intimato, salendo gli scalini. «Altrimenti ti faccio causa. Così smetto anche di lavorare… due piccioni con una fava.»
«Cazzo, è sporca… mi ha macchiato!» ha sbottato. Sulla manica della sua tuta Puma, bianca e rossa, campeggiava una bella striscia nerastra.
«Così finalmente la butti, fa proprio schifo. Sembra uscita dagli anni ’70.»
«Almeno non è bucata in mezzo alle gambe come la tua» mi ha risposto a metà tra il piccato e il canzonatorio. «Sto vedendo uno spettacolo vietato ai minori da quaggiù. Anzi, dovrebbe essere vietato all’intera umanità.»
«Ma io sono un ciccione, è normale. I ciccioni si mettono le tute per stare comodi e perché i pantaloni sfregano. È uno dei nostri vantaggi, una convenzione sociale. Tu, invece, sarebbe il caso che la smettessi di imitarmi e ti comprassi dei vestiti decenti, al posto di tute, pantaloncini e Nike.»
Mentre questo scambio di battute procedeva, io ho dato un’occhiata ai cavi della parabola giusto per sicurezza. Tutto a posto. Evidentemente era tutta lì la questione, ai piani alti oltre l’atmosfera.
Ho alzato lo sguardo un attimo, pensando come controbattere alle lagne di Alberto, e ho notato qualcosa di luminoso. Molto luminoso, tanto che spiccava nel cielo terso di quella mattina. Mi sono portato una mano sulla fronte per coprirmi dal sole e ho visto che gli oggetti erano più di uno. Non avevano l’aspetto di aerei, ma sembrava stessero precipitando.
«Oh, guarda un po’ lassù!» ho strillato al mio amico, indicandogli la direzione.
«Cosa? Dove?»
«Lassù, cazzo, guarda là!»
Mi sono sbracciato per fargli individuare la porzione di cielo. Purtroppo, nel giro di pochi secondi, quelle luminescenze erano sparite dal mio campo visivo. Sembrava come si fossero spente.
«Io non vedo niente. Cos’è? Hai visto un UFO?»
«Ma vai a cagare» ho risposto scendendo la scala con velocità. «Ti dico che c’era qualcosa, non ho detto un UFO. Non mi chiamo Giulio Rambaldi.»
Alberto conosceva i miei sbalzi d’umore e non se l’è presa più di tanto. Sapeva che dopo un minuto, in media, mi dimenticavo tutto. Anche quella volta è andata così, dopo una pacca sulla spalla e una successiva più forte, con l’intento di fargli fare una smorfia di dolore. Quella strana luminescenza, però, mi era rimasta impressa un po’ più a lungo del solito, giusto quel tanto di terminare la birra che Beatrice aveva appena tirato fuori dal frigo per noi.


2

Ho salito le scale a piedi nudi, senza far rumore, e mi sono avvicinato alla vecchia credenza della cucina per prendere una bottiglia d’acqua.
Con la coda dell’occhio ho visto Giulio seduto al tavolo, intento a pulire le armi.
«L’acqua c’è anche in cantina, come mai sei salito?»
Quella domanda, pronunciata senza che mi rivolgesse nemmeno lo sguardo, mi ha preso alla sprovvista. «Beh… ecco…»
«Devi dirmi qualcosa?»
«Sì. In effetti sì. Ho fatto sesso con Beatrice.»
La frase mi è uscita dalla bocca in automatico, senza alcun filtro. Solo un istante dopo ho realizzato cosa avevo detto e contestualizzato appieno la situazione. Davvero avevamo fatto sesso in un momento del genere? Cosa poteva averla spinta? E oltretutto, perché lo stavo dicendo a lui?
«Vi ho sentito.»
In effetti non era realistico sfuggire all’udito di uno che sente il cuore di un feto all’interno di un utero umano.
«Tu non lo sai, ma ho sempre avuto un debole per lei» ho ammesso, appoggiando il culo su una delle sedie, vecchie e pericolanti. «Solo che è… era… la moglie del mio migliore amico. E in ogni caso non ha mai mostrato alcun interesse nei miei confronti. Ho approfittato della confusione del momento… credo di aver fatto una cazzata immensa. Una cazzata che non mi perdonerò mai.»
Ed ecco che un rifugio sperduto in un bosco sperduto in un mondo ancora più sperduto era diventato prima alcova lussuriosa e poi confessionale per i miei peccati. In quel momento stavo cercando un po’ di tutto dall’unico essere umano, o quasi, con cui potevo parlare, a parte Bea: giustificazioni, comprensione, conforto. Quello che potrebbe dire un amico per tirarti su di morale, o un prete per darti l’assoluzione.
Giulio mi ha passato una Desert Eagle e uno straccetto. Non era tecnicamente mio amico, tanto meno un prete, ma mi è venuto lo stesso in aiuto. A modo suo.

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