Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.
Oggi vi parleremo di "Isolati" di Iris Bonetti.
Cinque uomini e una donna, uno scrittore irlandese, un chirurgo francese, uno studente spagnolo, un poliziotto canadese, un narco trafficante messicano e un’aspirante attrice americana si trovano su un volo diretto in Indonesia, che fatalmente precipita nel mezzo dell’Oceano Indiano. Naufragano sulle spiagge di un’isola sconosciuta dove, andando alla ricerca dei superstiti, si incontrano. Da quel momento lottano per sopravvivere affidandosi unicamente alle loro forze. Emergono le loro capacità, debolezze e istinti, insieme al vissuto che ognuno si porta dentro e che condiziona le loro azioni, fino a offuscare il confine tra il bene e il male. Avril, unica donna, costretta a subire queste dinamiche decide di fuggire, scoprendo così che non sono soli: una tribù di selvaggi compie dei macabri rituali nella giungla. La spiaggia non è più un luogo sicuro e sono quindi costretti a cercarne un altro, addentrandosi nella foresta e affrontando innumerevoli insidie. Tuttavia non sanno che l’isola nasconde ben altro. Demoni oscuri, i maduk, narrati nelle melopee degli indigeni, vivono nelle viscere di quella terra. Un mistero cupo e minaccioso che giunge dal passato e che cala inatteso su tutti loro. Orrore e coraggio, vita e morte si miscelano con l’amore e la passione, sentimenti che man mano coinvolgono i protagonisti in un intenso rapporto che li lega fino alla fine. Un romanzo appassionante dall’inizio all’epilogo, che pagina dopo pagina sedurrà il lettore.
Ecco 𝟱 buoni 𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿e il romanzo:
1 - Seppur ambientato su di un’isola, contesto già noto in letteratura, sviluppa una storia del tutto originale.
2 - Offre un coro di generi vario, non solo avventuroso. Al suo interno oltre a quello coesistono thriller, romance, introspezione, horror.
3 - Una scrittura fluida e avvincente, che ricalca il dinamismo di un film.
4 - È seducente partendo anche dalla scelta singolare dei protagonisti: una sola donna con cinque uomini e tutti estremamente diversi e lontani tra loro.
5 - È una storia anche estremamente introspettiva che porta a molte riflessioni.
Dal capitolo ”Ombre”
“Non le restavano che quelle mura di canne e legni intrecciati a dividerla dal prepotente mondo maschile. Fragili pareti che non l’avrebbero difesa dai loro impeti. Chi prima chi dopo avrebbe violato il suo frutto proibito, lo temeva, perché lì tutto apparteneva alla natura e a lei doveva tornare. Avril fissava il tetto di foglie sopra la testa prestando attenzione ai respiri degli altri cinque sopravvissuti. Ciascuno emetteva un suono differente, si muoveva in modo diverso nel proprio giaciglio. Sarebbe riuscita ad amare nel tempo qualcosa di ognuno di loro? Non poteva saperlo e in quel momento non lo prese nemmeno in considerazione. Il sonno faticava ad arrivare e una certa irrequietezza affiorava manovrata dalle ansie, poi la decisione: fuggire.
Non c’era il tempo di soppesare con cura i pro e i contro. Più a lungo avesse indugiato e meno avrebbe trovato il coraggio. Si alzò piano per non fare rumore. Il pavimento di sabbia attutì i suoi passi. All’ingresso del capanno il falò non era ormai che un letto di braci ammiccanti e protetta dall’oscurità, sotto la pelle nera della notte, Avril si diresse furtiva verso la foresta.
Il buio ammantava la vegetazione disegnando sagome nere che si perdevano all’infinito. Mentre camminava talvolta incespicava in qualche radice o liana che calava da un albero come un serpente pigro, e la paura si rafforzava nutrendo i suoi incubi. Con la notte arrivavano le ombre e i demoni visti da Maurice. Si fermò, prese fiato e poi proseguì cercando di non allontanarsi dalla costa. Il rumore del mare si era spento e senza il suo suono ritmato temeva di perdersi, ma decise di avanzare comunque. La forza le arrivava dal ricordo della violenza, delle mani che l’avevano trattenuta e avide ave-vano violato la sua intimità. Pianse, mentre a tratti correva e a momenti si trascinava poggiandosi ai fusti. Cercava un sentiero tra quelli già percorsi nei giorni precedenti, ma i suoi occhi non penetravano quello spazio nero. La notte dava voce alle sue creature. Da ogni dove giungevano versi e ri-chiami di uccelli, scimmie e chissà quali altre creature. Si domandò quanto ci avrebbero messo a scoprire la sua fuga. Avrebbero rispettato la sua volontà e si sarebbero arresi al vuoto lasciato da lei? Non poteva contare su questo. L’avrebbero cercata, cacciata come una preda e alla fine ri-portata alla sua prigione. Si prese il viso tra le mani sporche e piene di piccole foglie rimaste attaccate alla pelle. Avrebbe voluto specchiarsi, vedere quale fosse il suo aspetto dopo tutto quel tempo, ma forse non si sarebbe piaciuta.
Arrivò in un punto in cui la giungla si apriva di poco, la-sciando penetrare la luce della luna. Trovò quello che avrebbe potuto trasformarsi in un giaciglio. L’impianto radi-cale di un imponente albero, affossava nel terreno creando pareti legnose ripide. Segnava il suo dominio sullo spazio boschivo allargandosi di parecchi metri sul suolo, e svettando solenne sopra tutte le altre chiome. Avril si distese tra quelle radici, vinta dal dolore alla gamba dopo un’ora di cammino su un percorso disagevole, indifferente alla possibilità di addormentarsi e di non rivedere mai più la luce del sole. L’assenza di voci era opprimente. Si figurò gli spettri di quella terra danzare intorno a lei, ovunque. L’immagina-zione le ottenebrò i pensieri, poi fissò lo sguardo sul tratto di cielo che la osservava dall’alto in un piccolo spazio aperto tra le fronde e si vide, sola. Le rimaneva quel cielo notturno ingioiellato di stelle.”
Dal capitolo “Inquietudini”
“Gli occhi vitrei e spaventosi della testa umana infilzata nella branca spezzata di quell’albero, sembravano stampati su un tratto di cielo da cui Maurice poteva scorgere lo spirito che non voleva lasciare questa terra. Quel trofeo diabolico stava lì in bella mostra e lo sarebbe stato fino alla fine dei suoi giorni, fino a quando non sarebbe rimasto che un osso spoglio. I resti appartenevano a un uomo giovane di etnia indigena e un minuscolo bastoncino gli per-forava le narici da parte a parte. L’espressione esprimeva una profonda sofferenza. Un brandello di pelle ciondolava rinsecchito come cartone. Il francese sentì i fantasmi spiarlo con occhi liquidi e le pulsazioni ripresero a galoppargli in gola. Quel mondo minaccioso si limitò a divorare il suo grido come un mostro affamato, e l’uomo si concentrò nell’intento di raggiungere i compagni per impedire che pensieri tanto spaventosi s’impossessassero del suo animo. Sapeva bene di non potersi permettere di perdere la concentrazione per ritrovare la strada del ritorno. Una scarica di adrenalina gli restituì la lucidità e iniziò a correre con gli occhi fuori dalle orbite, la bocca spalancata a risucchiare l’aria.
Con l’arrivo della sera il buio distese le sue lunghe dita nere e ancora una volta avrebbero dovuto fare a meno della calda e rassicurante luce di un fuoco. Il temporale giunto fino alla spiaggia aveva inzuppato i legni e ogni tentativo di accenderlo era fallito. Ancora una volta si sarebbero nutriti di carne cruda dal pungente sapore selvatico, ma la fame continua e mai arrendevole, fece loro superare ogni resistenza. Questa volta anche Avril fu costretta a cedere e a lei venne offerto il pezzo più ambito: il cuore.
Non avevano affrontato la provocazione gettata da Javier per molte ragioni, prime fra tutte la preoccupazione per Maurice. Non era più tornato. Andarlo a cercare col calare delle tenebre sarebbe stato inutile. Si erano messi al limitare della macchia gridando il suo nome a lungo, per fare in modo che lui dalla giungla potesse sentirli e così fu. Quando la luna fu alta nel cielo il francese apparve come un’ombra dalle fronde. Il volto contorto in un’espressione di terrore. Le vesti erano in parte lacerate dagli artigli arborei. Doveva aver corso a lungo. Prese fiato e si appoggiò alle spalle di Ryan, per reggere il gravare del corpo martoriato. Le sue parole tremanti lasciarono tutti agghiacciati:
«Questa terra è abitata da demoni e spettri. Io li ho visti e verranno a cercarci…» Il buio accolse i battiti dei loro cuori e le loro speranze finirono in fondo a un abisso.”
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